da Marco Vergani | Feb 12, 2020 | Business plan, Startup
La start-up che si approccia alla finanza ordinaria (banca, leasing, factoring) o alternativa (private equity, private debt, quotazione in borsa) deve mostrare numeri convincenti ai soggetti che a titolo di equity o di debito hanno intenzione di investirvi. Da qui l’attenzione non solo ai risultati storici (bilanci) ma anche a quelli prospettici (budget, forecast e business plan).
Sia i finanziatori di equity (private equity e borsa) sia quelli di debito (banca, private debt, leasing e factoring) decidono se investire sulla base della bontà dei numeri. Ciò tuttavia con un’attenzione ad aspetti differenti. Chi apporta equity, infatti, sarà interessato a una corretta valorizzazione dell’impresa in cui sta investendo. Spesso il fondo di private equity o la borsa valutano le start-up in base al metodo dei multipli di mercato, particolarmente apprezzato per la sua immediatezza e facilità di applicazione: il valore dell’impresa (equity value) sarà pari al prodotto dell’Ebitda per un determinato multiplo, cui andrà sottratta la posizione finanziaria netta. L’obiettivo di questo investitore è infatti quello di conseguire un capital gain dall’operazione effettuata. Ciò sarà valido sia nel caso del private equity, che mira a massimizzare l’Irr (Internal rate of return) del proprio investimento, sia nel caso della borsa, dove l’investitore vorrà conseguire un guadagno in conto capitale fra il prezzo di acquisto o di sottoscrizione e quello di vendita. Viceversa chi finanzia a titolo di debito non avrà particolare interesse alla corretta valorizzazione della start-up, ma ad assicurarsi che l’azienda sia in grado di rimborsare il debito (quota capitale e quota interessi) lungo la durata del prestito. La valutazione avviene attraverso il monitoraggio di determinati indici di bilancio quali il leverage ratio (debito/Ebitda), che misura gli anni necessari al rimborso del debito dato un certo livello di Ebitda e il gearing ratio (debito/patrimonio netto) ovvero il livello di leva finanziaria.
Comun denominatore di queste differenti valutazioni è comunque la bontà dei numeri espressi dalla start-up. Sotto questo profilo, pertanto, il bilancio di esercizio non può che essere il principale biglietto da visita dell’impresa agli occhi dei finanziatori a vario titolo. Infatti le banche comunemente attendono la stagione dei bilanci per rivalutare le pratiche di affidamento, confermando i fidi, incrementandoli in caso di performance positiva o riducendoli se negativa. Ma anche il private equity, interessato a comprendere se e in che misura entrare nel capitale della start-up guarderà ai bilanci. E lo stesso fa la borsa, il cui giudizio sulla performance aziendale è addirittura giornaliero, in presenza di un prezzo che oscilla quotidianamente. Anche per le quotate, dunque, la stagione dei bilanci rappresenta un evento di valutazione molto importante.
Giova considerare, tuttavia, che accanto all’aspetto che possiamo definire storico, proprio del bilancio, deve essere riposta la massima attenzione anche su quello prospettico. Chi investe non è tanto (e non solo) interessato ai numeri che l’impresa ha conseguito in passato, ma anche e soprattutto a quelli che sarà in grado di raggiungere. Da questo punto di vista hanno la massima importanza i forecast, i budget e i piani pluriennali. I primi, infatti, consentono di misurare l’andamento della gestione fino ad una certa data e di proiettare poi questi per individuare la presumibile chiusura dell’esercizio in corso. Il budget rappresenta, invece, la fase più prodromica in quanto alla fine dell’anno precedente (o al massimo nei primissimi mesi del successivo) si andranno a costruire le previsioni sull’anno successivo. Esercizio più complesso è quello del piano pluriennale, a tre o cinque anni, per immaginare le performance di un arco temporale futuro.
Accanto alla pianificazione è poi fondamentale il controllo di gestione. Ciò per due finalità: la prima di misurazione della performance (meglio se mensile) e di correzione della gestione qualora la stessa appaia insoddisfacente; la seconda per misurare gli scostamenti fra il consuntivo e quanto preventivato in fase di proiezioni (forecast, budget e piano).
Gli indici da monitorare: posizione finanziare ed Ebitda
Alcuni indicatori di bilancio sono comunemente utilizzati sia per interventi di equity (borsa, private equity) sia di debito (banca, private debt). Si tratta di indicatori necessari sia per la valorizzazione della start-up mediante i multipli di mercato) sia per la costruzione di determinati indicatori (leverage ratio e gearing ratio). Tra questi in particolare l’Ebitda (Earning before interest taxes depreciation and amortization) e la posizione finanziaria netta (Pfn).
L’Ebitda o margine operativo lordo (Mol) è un indicatore che contrappone i costi e i ricavi della gestione caratteristica prima di considerare gli ammortamenti, gli accantonamenti, la componente finanziaria e le imposte. E’ molto utilizzato dagli analisti finanziari perché costituisce una buona approssimazione del flusso di cassa. Inoltre non risente di eventuali politiche di bilancio degli amministratori che fanno leva proprio sugli ammortamenti. Si differenzia, invece, dall’Ebit (risultato operativo) in quanto quest’ultimo si misura prima delle sole imposte e dell’area finanziaria, ma quindi dopo gli ammortamenti e gli accantonamenti.
Per quelle imprese che non hanno un peso rilevante delle immobilizzazione (e dei relativi ammortamenti) generalmente i due indicatori risultano molto simili. Viene anche utilizzato in misura percentuale rispetto al fatturato (Ebitda margin), dimostrando che l’impresa ha un certo appeal quando tale margine è in doppia cifra. Per quei settori che presentano un elevato valore aggiunto (moda, lusso, industrie di nicchia) può arrivare a toccare anche il 20-30 per cento e in quel caso la valorizzazione dell’impresa ne risentirà positivamente.
La posizione finanziaria netta misura l’indebitamento complessivo dell’impresa, quale differenza fra i debiti finanziari (tipicamente bancari) e la cassa attiva sul conto corrente. Un valore positivo della Pfn significa che la start-up è indebitata, viceversa un valore negativo dimostra che la stessa lavora su basi attive. A seconda del fatto che, in particolare, i debiti siano di breve o di medio lungo termine si avrà una Pfn di breve termine e una di medio lungo termine. Più la start-up è spostata nel medio lungo termine più il suo debito è consolidato e ciò si rende utile per fronteggiare l’attivo fisso (asset, immobilizzazioni). Se la posizione finanziaria netta è negativa, ovvero la start-up ha cassa attiva, nell’ambito della sua valutazione ciò determinerà un incremento del suo equity value. Di contro, una Pfn negativa (ovvero un indebitamento netto) ridurrà l’equity value.
Ciò in quanto
Equity value = enterprise value – Pfn
Enterprise value = Ebitda * multiplo
L’importanza della Pfn è altresì legata ad indicatori tipici che vengono utilizzati per la concessione di debito alla start-up. Il rapporto di indebitamento D/E (Debt to Equity), detto anche leva finanziaria, confronta l’indebitamento con il patrimonio netto e per valori particolarmente elevati dimostra che la start-up è sottocapitalizzata. Tale aspetto è particolarmente tenuto in considerazione dalle banche nelle istruttorie di fido.
Nella costruzione della Pfn occorre fare attenzione a due aspetti. Spesso il debito è sottostimato perché ci si dimentica di ricomprendere la componente dei leasing. Ciò accade in quanto, per i soggetti che redigono i bilanci in base ai principi Oic, il leasing non compare in bilancio. Pertanto nel calcolare la Pfn occorre ricordarsi di includerlo.
da Marco Vergani | Dic 30, 2019 | Amazon Taxation, E-commerce
Per le ditte in contabilità ordinaria, tenute ad effettuare le registrazioni in prima nota delle operazioni effettuate, sorge il problema di contabilizzare correttamente le vendite effettuate attraverso il canale di Amazon Marketplace.
Parliamo di vendite effettuate nei confronti di privati consumatori non soggette quindi all’obbligo di emissione della fattura (se non richiesta dal cliente al momento dell’ordine).
Il mio suggerimento è quello di utilizzare sempre un conto transitorio chiamato “Sospesi Internet” in contropartita al ricavo registrato in modo da facilitare la riconciliazione con l’estratto conto bancario nel momento in cui si riceverà l’accredito da parte di Amazon. Tale accredito è infatti cumulativamente riferito alle vendite di un determinato periodo di tempo e viene effettuato al netto delle commissioni trattenute dal portale.
Ipotizziamo i seguenti dati:
- merchant italiano (SRL) vende prodotti per Euro 100 (trascuriamo per semplicità l’Iva) a clienti privati
- Amazon Eu addebita commissioni per Euro 20
Vediamo come registrare in prima nota le operazioni.
Innanzitutto registriamo il ricavo per la vendita effettuata: in contropartita possiamo utilizzare un conto transitorio denominato “sospesi Internet” che si chiuderà poi con l’incasso del corrispettivo:
Sospesi Internet 100 a Ricavi da corrispettivi 100
Poi registriamo la fattura per le commissioni da parte di Amazon Eu: trattasi di fattura proveniente dal Lussemburgo quindi senza applicazione dell’Iva:
Costi per commissioni 20 a Debiti vs. fornitore Amazon 20
Infine al momento della ricezione degli importi da parte di Amazon, al netto delle commissioni trattenute, registriamo l’accredito sul conto carte di credito:
Banca c/c 80 a Sospesi Internet 80
e infine chiudiamo il fornitore Amazon sempre con il conto “Sospesi Internet” che in questo modo va ad azzerarsi:
Debiti vs. fornitore Amazon 20 a Sospesi Internet 20
da Marco Vergani | Dic 4, 2019 | Impatriate workers
An approved amendment to the 2019 Budget Law decree (actually still under parliament discussion) will anticipate the major tax discounts for impatriate workers who return to Italy after a period of at least two years spent abroad.
According to Decree Law 34/2019 the changes would have been applied only to workers who had transferred their tax residence to Italy starting from 2020.
Instead, as a result of the amendment, the benefits will be granted not only to Italian and foreign workers, who will transfer their residence from 2020, but also to those who have done so since 2019 April 30th, thus including in the first year of facilitation the 2019 incomes.
According to the italian tax rules the workers must be registered in one of the Italian municipalities and, to be considered tax residents, they will have to stay in Italy for at least 183 days (or 184 in the event of a leap year, as in 2020).
The incentive, in the “old” version, consisted of a 50% discount on taxable income for a maximum of 5 years starting from the one of the transfer of the residence in Italy.
The “enhanced” version introduced by Law Decree 34/2019 starts from the same 5 years duration but rises to 10 for workers who have at least one child who is underage or fiscally dependent or who also become owners of a property in Italy from the year preceding the transfer . The incentive consists in a taxable income reduction by 70%, and it may be extended to a 90% discount for the first 5 years for those who will move to one of the eight South regions; in the second five-year period the discount will be increased to 90% for those who have at least 3 children underage or fiscally dependent.
Our firm can assist international clients, as we do, not only to relocate their residence to Italy, but also to opt for the new resident not domiciled tax package. Contact us with confidence, we have experience about this matter.
da Marco Vergani | Nov 15, 2019 | Uncategorized
The new italian web tax introduced by the 2020 Budget Law is more in line with the directive proposal COM (2018) 148 final.
The global (750 million of generic revenues) and domestic (5.5 million of digital revenues) revenue thresholds are referred to the previous year to that of the tax application (therefore already 2019 for 2020) to verify the exceeding of the thresholds.
The tax base on which to apply the 3% tax is the total digital revenue generated everywhere multiplied by the percentage representing the part of these services connected to the italian territory. Therefore web companies must keep a specific accounting to collect monthly information on taxable income and to calculate the percentages of relevance of taxable revenues in Italy.
Unfortunately the Italian revenue threshold set at 5.5 million euro is too low compared to that of other markets similar in size to Italy; so groups with small non-core digital businesses are likely to be attracted to taxation, in contrast to the intentions of applying the tax to large web operators.
Moreover, the problem of double taxation has not been solved when the owner and manager of the web interface do not coincide. This point is present in the proposed EU directive, which clarifies how in these cases, to avoid double taxation, it is assumed that the owner of the digital interface has not provided the service.
da Marco Vergani | Nov 15, 2019 | E-commerce
The VAT legislative package on electronic commerce will be operational in all Member States on 1 January 2021.
The European Parliament concluded the consultation procedure yesterday, approving the amendments to the VAT Directive (2006/112 / EC) formulated by the European Commission with the 11 December 2018 proposal.
With this proposal the Commission try to simplify the measures introduced by Directive 2017/2455 / EU, for web platforms which facilitate electronic commerce transactions carried out by taxable persons not established in the EU towards final consumers in the EU.
The Eu Commission, in order to combat the VAT evasion phenomenon, has provided, with directive 2017/2455, that from 1 January 2021 the electronic platforms (such as Amazon or Alibaba), facilitating distance sales of goods imported from third countries with less than 150 euros value or for intra-community sales, become at the same time buyers and transferors of goods with VAT payment obligation on them.
In practice, the good transfer is divided into two separate transfers, the first one between the non-resident merchant and the web platform (VAT payable in the EU) and the second one between the platform itself and the final customer.
The related VAT is paid by the platform with the MOSS special regime.
The recent changes proposed by the European Commission will provide for:
- the extension of the special regime to the domestic supplies that electronic interfaces should do for stocks held by non-resident merchants in a given country in the event that these assets were sold in the same Member State;
- the exemption of the B2B transactions from the Ue non-taxable seller to the web platform with the right for such seller to deduct the VAT paid upstream for the purchase or importation of the sold goods.
da Marco Vergani | Set 16, 2019 | Music and taxation, Pagamenti on line
In qualità di gestore di una piccola etichetta indipendente carico brani musicali sulla piattaforma Soundreef . Gestisco pagamenti e incassi, praticamente tutti di modesto valore, tramite un mio account PayPal collegato al mio conto corrente bancario e alla mia carta di credito. Mi sono reso conto, però, che PayPal è una società estera e temo che le somme presenti ora e in futuro sul mio account possano essere considerate come detenute all’estero, e che gli eventuali trasferimenti al mio conto corrente possano essere considerati come un rientro di capitali, anche se ora modesti (ma spero più consistenti in futuro). Ho ragione di temere un intervento delle Entrate, o posso stare tranquillo, e continuare ad incassare le royalties musicali su Soundreef, tramite PayPal?
Risposta:
È opportuno evidenziare che, in via generale, l’obbligo di monitoraggio mediante il quadro RW (modello Redditi persone fisiche) non sussiste per i depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero il cui valore massimo complessivo raggiunto nel corso del periodo d’imposta non sia superiore a 15mila euro (articolo 2, legge 186/2014). Resta fermo l’obbligo di compilazione del quadro, laddove sia dovuta l’Ivafe (imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero) in relazione a un valore medio di giacenza superiore a 5mila euro. In questo contesto si evidenzia, altresì, la non meglio definita natura tecnico–giuridica del sistema PayPal, che – salvo auspicabili interventi interpretativi formali, soprattutto di natura reddituale (che, diversamente da quanto avvenuto per i bitcoin, non ancora vengono riscontrati) – si qualifica come piattaforma on line di trasferimento di denaro, da e/o a favore dell’interessato, finalizzata in prevalenza alla transazione di beni e servizi tramite circuiti abilitati. Di fatto, opera come un conto corrente, sebbene giuridicamente non dovrebbe essere confuso con esso, non comportando obblighi, oneri o canoni, con anche la possibilità di pagare utenze, essendo associato preventivamente a un conto corrente ordinario oppure a una carta di credito. Pertanto, è da ritenere che nessuna implicazione possa sussistere circa il monitoraggio, mediante il quadro RW del modello Redditi Pf, delle disponibilità vincolate ai servizi offerti dalla piattaforma, la cui possibile “ubicazione” extraterritoriale del gestore non obbligherebbe il fruitore del servizio ai citati adempimenti.
Nonostante i dubbi interpretativi e, in virtù della contenuta entità degli importi da egli movimentati e cumulativamente assommati nel corso del periodo d’imposta, a mio parere dovrebbe, in ogni caso, ritenersi esonerato da obblighi di monitoraggio, in funzione delle franchigie alquanto significative, più sopra indicate, poste dalla norma.