Investimenti in IDO (Initial Dex Offering) e criptovalute. Aspetti fiscali

L’attività di raccolta fondi per progetti startup in ambito blockchain si è arricchita negli ultimi tempi di una nuova modalità, le IDO Launchpad, che si sta diffondendo rapidamente su piattaforme diverse ma con tratti comuni. Grazie alle performance che i nuovi progetti realizzano una volta quotati (si sono viste crescite a doppia o tripla cifra) il fenomeno delle Launchpad si sta allargando esponenzialmente attirando l’attenzione di potenziali investitori in cerca di opportunità di speculazione.

Da un punto di vista operativo l’investimento in IDO si compone delle seguenti fasi:

  • acquisto di crypto valute attraverso un conto gestito da un intermediario (ad es. Binance)
  • utilizzo delle cryptovalute acquistate per partecipare alle IDO finanziando progetti di startup disponibili sulle varie piattaforme specializzate
  • da notare che l’investimento deve essere effettuato in una particolare valuta (tipo PAID o BNB) quindi il processo di investimento può richiedere diverse operazioni di conversione da una criptovaluta ad un’altra
  • una volta perfezionato l’investimento e avuta la disponibilità dei token relativi al progetto (spesso è previsto un periodo di “vesting” più o meno lungo) è possibile scambiare gli stessi sul mercato secondario avvalendosi anche qui di piattaforme specializzate e realizzando possibili plusvalenze
  • plusvalenze che vengono pooi “monetizzate” attraverso una successiva conversione delle crypto in euro o altra valuta

Da un punto di vista fiscale un processo di questo tipo coinvolgono principalmente due aspetti:

  • l’applicabilità degli obblighi imposti dalla normativa sul monitoraggio fiscale dei capitali;
  • gli obblighi connessi all’imposizione delle plusvalenze realizzate tramite negoziazione o prelievo delle valute digitali

Per quanto riguarda il primo punto l’Agenzia delle Entrate (interpello Dre Lombardia 956-39/2018) ha chiarito che anche gli investimenti in criptovalute devono essere indicati nel quadro RW del Modello Unico utilizzando il controvalore in Euro della valuta virtuale detenuta al 31 dicembre fornito dalla piattaforma attraverso la quale è avvenuta la transazione. Si ricorda che sulle valute virtuali l’IVAFE non è comunque dovuta.

Sul secondo punto l’Agenzia delle Entrate ritiene che debbano applicarsi “i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali” contenute nell’articolo 67 Tuir, in base al quale le plusvalenze valutarie appartengono alla categoria dei redditi diversi e tassate, per le persone fisiche, con imposta sostitutiva al 26%. Tuttavia è bene ricordare che le plusvalenze derivanti dalle cessioni a pronti (che qui interessano) sono imponibili soltanto qualora la valuta scambiata provenga da portafogli elettronici la cui giacenza media, espressa in euro, superi un controvalore di 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta (articolo 67, comma 1-ter, Tuir). Pertanto la tassazione si applicherà solo al superamento di tale soglia ( l’Agenzia ha anche chiarito che il valore della giacenza rilevante ai fini della verifica del superamento della soglia, va determinato secondo il tasso di riferimento all’inizio del periodo di imposta in cui si verifica il presupposto della tassazione e considerando, quale prezzo giornaliero, il rapporto di cambio rilevato sul sito dove si acquista la valuta virtuale, o in mancanza, quello rilevato sul sito dove si effettua la maggior parte delle operazioni).

Infine è lecito domandarsi se la plusvalenza che viene tassata nelle operazioni di compravendita venga calcolata unicamente da crypto a euro o anche da crypto a crypto. Sul punto l’Agenzia delle Entrate non ha mai offerto chiarimenti ufficiali tuttavia in un passaggio della citata risposta all’interpello da parte della Dre Lombardia viene testualmente riportato che “Ai fini della eventuale tassazione del reddito diverso occorre, dunque, verificare se la conversione di bitcoin con altra valuta virtuale (oppure da valute virtuali in euro) avviene per effetto di una cessione a termine oppure se la giacenza media del wallet abbia superato il controvalore in euro di 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta”. Ciò lascia dunque intuire la necessità di tassare le plusvalenze maturate, al ricorrere degli altri presupposti di legge, anche nel caso di conversione da criptovaluta ad un’altra criptovaluta.