Attività di disc-jockey svolta all’estero: aspetti previdenziali

L’attività del disc-jockey rientra fra quelle da assicurare alla gestione dei lavoratori dello spettacolo (ex Enpals), di competenza dell’Inps, in quanto espressamente rientranti nel gruppo A dei lavoratori dello spettacolo, come ribadito dalla Cassazione con la sentenza 11377/2020.

I contributi vanno versati da parte del committente beneficiario dell’attività del disc-jockey, quando essa è svolta in Italia.

Per gli spettacoli o eventi realizzati all’estero a favore di un committente straniero, la questione è più complessa, perché possono sussistere le seguenti ipotesi:

– la prestazione nello Stato estero non è suscettibile, per la legge di quel Paese, di copertura previdenziale: il committente non ha titolo per versare in Italia i contributi, e in più non c’è la possibilità di avvalersi del distacco con il certificato Inps A1, perché il dj non può versare alla gestione Inps dello spettacolo i contributi, in quanto per i lavoratori autonomi ciò è ammesso solo per gli esercenti attività musicale. In questo caso non c’è, quindi, copertura contributiva;

– la prestazione nello Stato estero è soggetta a contributi in quello Stato secondo le leggi del luogo: non c’è alcuna possibilità che quei contributi vengano versati in Italia, per le ragioni indicate nel punto precedente. In questo caso però, ai fini previdenziali, sarà possibile (per gli Stati Ue o convenzionati con l’Italia) totalizzare questi contributi con quelli italiani per raggiungere il diritto alla pensione e, inoltre, se e quando si perfezioneranno i requisiti precisati dallo Stato estero, chiedere una pensione in tale Stato.

Concerti e live show organizzati in Italia da agenzie estere. Modalità di fatturazione

Nonostante le attuali restrizioni per il contenimento dell’emergenza sanitaria e delle ultime direttive ministeriali che confermano le limitazioni delle capienze per i concerti, il settore della musica dal vivo si sta preparando ad una graduale ripresa.

Una delle questioni fiscali rimaste in sospeso durante il periodo di sospensione delle attività riguarda il trattamento Iva delle prestazioni di organizzazione/allestimento di live show sul territorio italiano da parte di soggetti esteri.

Capita sovente infatti che un soggetto straniero (sia esso una società di management di un singolo artista, un’agenzia di booking o una semplice etichetta discografica) incarichi una società italiana di organizzare/allestire un concerto o un live show musicale in Italia al quale partecipino artisti o musicisti esteri.

Il dubbio riguarda le modalità con le quali il soggetto italiano incaricato dell’organizzazione dell’evento debba fatturare la propria prestazione al committente estero.

In questi casi la prestazione in argomento (organizzazione o allestimento di live show) può essere considerata dal punto di vista IVA, una prestazione di servizi cosiddetta generica. In base alla normativa in vigore questo tipo di prestazione, se resa da una società italiana a un soggetto di imposta stabilito in un altro Stato comunitario o extracomunitario, non si considera effettuata in Italia a norma dell’articolo 7–ter, primo comma, del Dpr 633/1972, anche se viene utilizzata nel territorio nazionale. La fattura italiana va quindi emessa senza esposizione di Iva, con l’annotazione «operazione non soggetta ex articolo 7–ter del Dpr 633/1972».

In deroga a questo criterio, se la prestazione ha per oggetto un’attività artistica/ricreativa – quale un live show musicale – i servizi connessi all’accesso a tale manifestazione in cambio di un biglietto o di un corrispettivo, nonché i servizi accessori relativi all’accesso, resi a committenti soggetti passivi, si considerano effettuati in Italia, a norma dell’articolo 7–quinquies, lettera b, del Dpr 633/1972, quando la manifestazione stessa si svolga materialmente in Italia (circolare 37/E/2011).

The reduced tax rate of the Italy-Switzerland convention on double taxation also applies to royalties paid back by an Italian company to a Swiss artist.

Royalties paid by an Italian company to a singer resident in Switzerland should be taxed in Italy with a 5% reduced tax rate according to Agenzia delle Entrate (ruling n. 2020/493) .

The ruling concerned the contractual relationship by an artist resident in Switzerland which has transferred to an italian company the exclusive rights to use phonic reproductions and duplications or the recordings of his performances as a singer. In exchange, the artist receives royalties equal to a certain percentage of the price of the records sold.
In this case Agenzia delle Entrate, complying with a previous interpretation, found that the royalties received by the Swiss artist are also relevant for tax purposes in Italy, but with the application of the more favorable tax regime (withholding tax of 5%) provided for by Article 12, paragraph 2, of the Convention. This more favorable tax regime would apply not only to “copyrights” but also to “neighbouring rights “(such as royalties earned from the public performance of a master recording).

Aspetti fiscali del lancio di una Web Radio

Supponiamo che una società del settore dell’intrattenimento intenda lanciare una propria web radio (o una web tv) come strumento di marketing (brand radio in-store). Come vanno trattati i relativi costi, inclusi quelli delle licenze di trasmissione dei brani audio, dal punto di vista contabile e fiscale?

Premettiamo innanzitutto che i costi sostenuti per la creazione di una web radio possono essere iscritti in bilancio alla voce B.I.1 («Costi di impianto e di ampliamento») se sono relativi all’inizio di una nuova attività o all’ampliamento della società, inteso come una vera e propria espansione della stessa in direzioni e in attività precedentemente non perseguite. In alternativa potrebbero essere iscritti alla voce B.I.3 se sono assimilabili alla creazione di un sito web.

In ogni caso, la capitalizzazione dei costi deve rispettare le condizioni richieste dal principio contabile Oic24.

La rilevazione iniziale dei costi di impianto e di ampliamento nell’attivo dello Stato patrimoniale è consentita solo se si dimostrano la congruenza e il rapporto causa–effetto tra i costi in questione e il beneficio (futura utilità) che dagli stessi la società si attende, mentre per i diritti di brevetto la capitalizzabilità è subordinata alla possibilità di fruire dei benefici economici futuri derivanti dal bene stesso, e alla possibilità di limitare l’accesso da parte di terzi a tali benefici. In ogni caso, il costo dev’essere stimabile con sufficiente attendibilità.

Dal punto di vista fiscale, i costi di impianto e di ampliamento sono deducibili a norma dell’articolo 108, comma 1, del Tuir (Dpr 917/1986) nel limite della quota civilistica imputabile a ciascun esercizio, mentre le quote di ammortamento del costo dei diritti di utilizzazione di opere dell’ingegno, dei brevetti industriali, di processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico sono deducibili in misura non superiore al 50% del costo (articolo 103, comma 1, del Tuir).

Diritti musicali SIAE/SOUNDREEF: possibile la tassazione forfettaria al 5%

I musicisti/producer con partita Iva forfettaria che ricevono proventi a titolo di diritto d’autore dalle proprie label possono manifestare dei dubbi circa il corretto trattamento fiscale di tali proventi.

L’Agenzia delle Entrate è intervenuta sul punto nella risposta ad interpello n. 517 del 12 dicembre 2019, secondo la quale i proventi a titolo di diritti d’autore conseguiti da un contribuente che applica il regime forfetario, mantengono le proprie modalità di determinazione del reddito imponibile (tassazione con riduzione del 25% ovvero del 40%, a seconda dell’età del percipiente) ma vengono assoggettati all’imposta sostitutiva.

Normalmente i contratti discografici con le label che garantiscono la distribuzione in formato digitale sulle principali piattaforme (Spotify, ecc..), dell’opera musicale, effettuano il pagamento delle royalties solo al superamento del c.d. “break even point” ossia l’ammontare dei costi di promozione (o anche di eventuale produzione) del disco anticipati all’artista dall’etichetta stessa in sede di stipula del contratto.

Superata questa soglia l’artista si vede finalmente accreditate le somme relative alle royalties spettanti secondo le percentuali pattuite nel contratto.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, se l’artista che percepisce le royalties è in regime forfettario, tali proventi:

  • sono ridotti del 25% (o del 40% se sono percepiti da soggetti di età inferiore ai 35 anni), ai sensi del comma 8 dell’articolo 54 Tuir,
  • tale importo è cumulato con gli altri compensi percepiti dal professionista soggetti alle ordinarie aliquote di abbattimento forfetario al fine di applicare l’imposta sostitutiva.

Pertanto, i diritti d’autore mantengono la propria modalità di determinazione dell’importo tassabile, ma poi vengono assoggettati all’imposta sostitutiva (5% o 15%) propria del regime forfettario.

E’ bene infine ricordare che i proventi conseguiti a titolo di diritti d’autore concorrono alla verifica della soglia di 65.000 euro relativa ai ricavi o compensi incassati nel corso del periodo d’imposta, per verificare la permanenza o meno del contribuente nel regime (ricordando che il superamento di tale soglia comporta la fuoriuscita dal periodo d’imposta successivo quello di superamento stesso).

Sincronizzazioni musicali online: aspetti fiscali

Una delle fonti reddituali degli artisti musicali è costituita dalla vendita delle licenze di sincronizzazione in grandi cataloghi online. In passato, questi vantaggi erano riservati in gran parte a grandi artisti e a gruppi musicali di fama mondiale: oggi i servizi di music licensing hanno aperto ai musicisti indipendenti, grazie alla ricerca sempre più dettagliata di materiale nuovo ed interessante da parte delle agenzie pubblicitarie che lavorano per medi e grandi brand. Con il termine sincronizzazione si intende l’abbinamento o l’associazione permanente tra opere musicali e immagini fisse o in movimento; la registrazione dell’opera musicale, pertanto, non solo viene duplicata ma, altresì, abbinata (ovvero sincronizzata) ad un prodotto diverso (ad esempio ad un filmato pubblicitario, ad un videoclip, un filmato cinematografico, ecc..).

Dal punto di vista legale la disciplina applicabile a tale tipologia di utilizzi è quella contenuta nell’art. 72 della Legge sul Diritto d’Autore che riguarda appunto la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, dell’opera musicale in qualunque modo o forma, in tutto o in parte e con qualsiasi processo di duplicazione. Tutte queste operazioni non possono compiersi senza il preventivo consenso dell’avente diritto, ossia di norma dell’autore. Numerose sentenze hanno infatti affermato che la riproduzione in copia di spezzoni musicali per esigenze tecniche legate ad una qualsiasi forma di utilizzazione, è illegittima se effettuata senza l’autorizzazione del titolare del diritto (vd. Cass. n. 12993 del 23/11/1999 che coinvolgeva la società RTI del gruppo Mediaset per l’utilizzo senza consenso dell’opera musicale Yesterday dei Beatles quale colonna sonora di uno spot pubblicitario).

Sul fronte fiscale i redditi conseguiti a fronte della concessione del diritto alla sincronizzazione sono inquadrabili tra di compensi (redditi) derivanti dallo sfruttamento economico di opere coperte dal diritto d’autore . Tali redditi sono costituiti dai proventi in denaro (o in natura) percepiti nel periodo s’imposta ridotti del 25% (40% se il soggetto percettore ha meno di 35 anni) a titolo di deduzione forfettaria. Il committente dovrà applicare la ritenuta d’acconto del 20% sull’importo erogato. Se il committente è una società estera non dovrà essere effettuata nessuna ritenuta.