da Marco Vergani | Set 7, 2012 | E-commerce
Nelle vendite a distanza il consumatore che effettua l’acquisto di prodotti difettosi può rivolgersi al giudice del paese in cui è domiciliato anziche a quello del luogo di conclusione del contratto.
E’ questa, in sintesi, il principio confermato dalla Corte di Giustizia Ue nella sentenza C-190/11. Nel caso esaminato una cittadina austriaca aveva effettuato la ricerca di un’automobile su una piattaforma tedesca che l’aveva indirizzata verso una società venditrice con sede ad Amburgo. La donna, utilizzando il sito, aveva contattato la ditta e si era recata in Germania per l’acquisto. Tornata in patria, l’automobile aveva mostrato difetti, ma la società si era rifiutata di sostituire o riparare il veicolo. L’acquirente si era rivolta ai giudici austriaci che però avevano accolto le eccezioni di incompetenza della società tedesca. Secondo i giudici austriaci infatti non bastava la consultazione del sito internet (che riportatava un numero telefonico per le chiamate dall’Austria) a fondare la competenza dei tribunali austriaci ma era necessaria anche la stipulazione del contratto a distanza. La Corte di giustizia Ue chiamata in causa dalla corte austriaca per l’interpretazione dell’articolo 15 del regolamento, ha ribaltato la sentenza stabilendo che,se il contratto è concluso con una persona o società che svolge un’attività diretta, con qualsiasi mezzo, verso l’acquirente che utilizza i beni per fini non professionali, il consumatore può scegliere di agire dinanzi ai giudici del luogo in cui è domiciliato.
E’ importante notare che, secondo i giudici europei, non è necessario che il contratto sia concluso a distanza. Nel caso esaminato è bastata infatti la presenza “virtuale” del venditore tedesco in territorio austriaco attravero il proprio portale per far scattare la competenza dei giudici del luogo del consumatore.
Un’altra arma in più, dunque, per il consumatore finale ed un ulteriore grattacapo per i venditori potenzialmente soggetti ad azioni legali provenienti da tutti gli stati in cui sono effettuate le vendite.
da Marco Vergani | Set 5, 2012 | E-commerce, Start-up
La nuova iSrl, tipo di società che il governo intende varare per favorire la crescita economica del paese, potrebbe dare un concreto impulso allo sviluppo delle attività di e-commerce di prodotti innovativi in Italia. Dal contenuto della bozza del decreto sviluppo (che dovrebbe essere iluustrata nei prossimi giorni) emerge infatti che questo tipo di società deve avere come oggetto sociale lo “sviluppo, produzione, vendita di prodotti o servizi ad alto contenuto innovativo”. Tra i vantaggi della iSrl, nel corso dei suoi primi 48 mesi di vita, vi sono:
– la possibilità di costituire la società direttamente on line con una comunicazione alla Camera di commercio senza l’intervento ed i costi del notaio;
– l’opzione per la tassazione per cassa ai fini Ires ed Iva (per le start up con fatturato inferiore ai 5 ml di euro);
– la sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione;
– la possibilità di utilizzare un contratto di lavoro ad hoc per l’inserimento di lavoratori nella startup.
Le agevolazioni dovrebbero applicarsi alle società costituite successivamente al 31 dicembre 2009 che abbiano le seguenti caratteristiche:
– oggetto sociale rappresentato da sviluppo, produzione, vendita di prodotti o servizi ad alto contenuto innovativo;
– titolarità della maggioranza assoluta del capitale sociale e dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria da parte di persone fisiche;
– svolgimento dell’attività di impresa da non più di 48 mesi;
– investimenti in R&S per un importo non inferiore al 15% del maggiore tra il totale dei costi della produzione e il valore della produzione per ciascun esercizio di attività.
Molti aspetti dovranno ancora essere chiariti tra i quali la definizione di “investimenti in R&S” necessari per accedere al nuovo tipo di società e l’eventuale possibilità di trasformare una srl ordinaria (o a capitale ridotto) nella nuova iSrl al ricorrere dei requisiti richiesti.
Non resta che attendere il testo definitivo del provvedimento e gli eventuali decreti di attuazione della disciplina.
da Marco Vergani | Giu 29, 2012 | E-commerce, Pareri
Lo strumento del QR code viene sempre più spesso utilizzato come mezzo promozionale anche nelle vendite di prodotti digitali (e-book, software, mp3, ecc..).
L’azienda rende disponibile un coupon omaggio attraverso un QR code e l’utente, scansionando e decifrando il codice, ha così diritto ad un download gratuito sul sito dell’azienda. Ci si chiede dunque a quale trattamento fiscale deve esserre assoggettata questa operazione. Vale a dire le cessioni gratuite operate attraverso tale modalità vanno comunque fatturate da parte dell’azienda che le effettua? Ebbene dal punto di vista fiscale è ormai noto che le operazioni di cessione di beni digitali (e-book, software, video, eccc. ,c.d. commercio elettronico diretto) sono considerate prestazioni di servizi in campo iva con la conseguenza che, in assenza di corrispettivo, si renderanno applicabili le regole contenute nell’art. 3 del dpr 633/72. In base a tali regole, se la prestazione è resa da un impresa (quindi noon da un professionista o da un lavoratore autonomo) occorre verificare quale è il suo importo:
1) se il valore unitario della prestazione (leggi valore unitario del download che si effettua) è inferiore o uguale a 25,82 Euro, l’operazione non è soggetta ad iva;
2) se il valore unitario della prestazione (leggi valore unitario del download che si effettua) è superiore a 25,82 Euro, l’operazione è soggetta ad iva secondo le aliquote ordinarie.
Nel caso ad esempio del download di e-book del valore di 12 Euro non sarà necessario emettere fattura in quanto l’operazione è fuori dal campo di applicazione di Iva. Diversamente se il coupon consente il download di un software del valore superiore a 25,82 sarà necessario assoggettare ad iva l’operazione e documentarla attraverso l’emissione di una fattura. A tale proposito l’impresa che concede il download gratuito può decidere di esercitare o meno la rivalsa dell’IVA. In sostanza può percorrere due strade:
1. può chiedere al soggetto che ha effettuato il download di pagargli l’IVA: in questo caso si dice che esercita la rivalsa;
2. può decidere di accollarsi il pagamento dell’IVA: in questo caso si dice che non esercita la rivalsa dell’IVA.
La scelta incide sul documento da emettere. Se l’impresa decide di esercitare la rivalsa deve emettere fattura. Se, invece, come più spesso accade, decide di non esercitare la rivalsa dell’IVA, emette autofattura. L’autofattura è una sorta di fattura che l’impresa emette nei confronti di sè stessa.
In realtà l’impresa può seguire anche una terza via, ovvero può annotare la cessione gratuita su un apposito registro denominato registro degli omaggi. Chiaramente l’IVA risultante dal registro degli omaggi, relativamente ad un certo periodo da liquidare, dovrà essere considerata nel calcolo dell’IVA da versare o dell’IVA a credito dell’impresa.
da Marco Vergani | Apr 16, 2012 | Start-up
Il 18 aprile si terrà a Milano (Teatro Elfo) l’evento “Be Your Own Company”. Si tratta di una conferenza/show teatrale in cui intrverranno protagonisti di start-up e neo imprenditori che racconteranno le loro esperienze mettendo in scena le modalità con cui hanno realizzato i loro progetti imprenditoriali. Ulteriori informazioni sul sito www.kaloob.com
da Marco Vergani | Mar 29, 2012 | E-commerce, Internet
Episodi sempre più frequenti nelle vendite on-line riguardano il comportamento abusivo di alcuni acquirenti che, sfruttando la tutela riconosciuta loro dalle norme sui contratti a distanza, esercitano in modo abusivo il diritto di recesso. Il fenomeno, particolarmente diffuso negli USA, colpisce in prevalenza i settori dell’abbigliamento/moda/gioielleria ove i prodotti si prestano ad essere indossati, magari per una o due sere, per essere poi restituiti al venditore completamente integri entro i termini previsti per l’esercizio del recesso. A fronte dunque della restituzione del prezzo e soprattutto senza l’addebito di alcuna penalità (sostenendo al massimo le spese di trasporto per il reso). Purtroppo non vi sono molti rimedi per fronteggiare questa situazione. Le norme sulla vendita a distanza sono completamente sbilanciate in favore dell’acquirente e, d’altra parte, l’esercizio abusivo del diritto di recesso non è contemplato come fattispecie illecita nella maggior parte degli ordinamenti. L’unica contromisura, come suggerito nell’articolo, consiste nell’adozione di policy di reso particolarmente restrittive, nel rispetto tuttavia delle norme in materia di diritto di recesso nei contratti a distanza (artt. 64 e 65, D. Lgs. 206/2005) che, lo ricordiamo, prevedono:
– l’esercizio del diritto di recesso entro il termine di 10 giorni lavorativi decorrenti dalla data di ricevimento della merce;
– l’ampliamento dei termini per l’esercizio del diritto di recesso sino a 60 giorni, in caso di mancata osservanza degli obblighi informativi previsti dall’art. 47, D.Lgs. 206/2005 circa l’esistenza e le modalità di esercizio del diritto.
viagra
da Marco Vergani | Gen 16, 2012 | Internet
L’imposta sul valore aggiunto sugli acquisti di libri elettronici effettuati nel Regno Unito continuerà a pesare per il 20% sul prezzo di copertina. Il Ministero del Tesoro Britannico ha infatti confermato che non taglierà l’aliquota sui libri elettronici come recentemente avvenuto in altri Paesi Europei, quali Francia e Lussemburgo. Secondo il Governo Britannico, infatti, l’attuale direttiva in materia di Iva non consentirebbe l’applicazione di un’aliquota agevolata sui libri elettronici venduti attraverso il canale di internet. Nonostante questo, il Lussemburgo ha recentemente annunciato che taglierà l’aliquota Iva applicabile agli e-book al 3%, dal 15%, in inea con il tasso che si applica alle copie cartacee. Ciò offre un notevole vantaggio competitivo ad un player come Amazon, la cui sede per le operazioni in Europa è basata, appunto, in Lussemburgo. Le norme europee stabiliscono, al momento, che il livello di imposta applicabile è legata al paese di origine del venditore, piuttosto che alla residenza del compratore. Queste regole sono però destinata a cambiare a partire dal 2015, quando l’imposta sul valore aggiunto per gli e-book sarà regolata sulla base del paese di residenza dell’acquirente e non di origine della società venditrice.