Spesso viene chiesto se la vendita di oggetti usati (può trattarsi di vecchi indumenti e oggetti usati ma anche beni di altro tipo come libri o card collezionabili) su piattaforme di commercio elettronico (come Vinted, eBay, e simili) può dar vita a risvolti fiscali in particolare alla necessità o meno di dichiarare quello che viene incassato.

Va subito detto che le compravendite online tra privati – se non sono a scopo di lucro – non subiscono tassazione. Ma cessioni o acquisti sul web offrono una casistica articolata. Proviamo ad analizzarla con ordine.

Secondo la legge italiana rientrano nella categoria dei “redditi diversi” anche le «attività commerciali non esercitate abitualmente». Questa è la formula usata nell’articolo 67, lettera i), Dpr 917/86. Che però non è di semplicissima lettura, e ancor meno di agevole applicazione: bisogna infatti circoscrivere due concetti essenziali, che sono:

1 la nozione di «attività commerciali»

2 quella di «esercizio abituale»

La prima definizione serve a distinguere ciò che è imponibile (perché, appunto, «commerciale») da ciò che resta nella sfera privata e non è quindi tassato.

La distinzione, nelle attività commerciali, tra quelle abituali e quelle non abituali serve invece a separare i redditi diversi, occasionali, e i redditi derivanti dall’esercizio d’impresa: per i primi, ancorché sia prevista la tassazione Irpef, non esistono particolari adempimenti; nel secondo caso, invece, bisogna aprire la partita Iva e assoggettarsi a tutti i relativi obblighi formali (iscrizione nel registro delle imprese, emissione fatture, contabilità e così via), scegliendo uno dei vari regimi fiscali applicabili alle attività autonome. Tra le altre conseguenze dell’esercizio non occasionale del commercio, sorge anche l’obbligo di iscrizione alla gestione Ivs commercianti presso l’Inps.

Entro quali limiti dunque l’operazione può essere considerata «non commerciale»?

Pur nell’incertezza interpretativa, un punto fermo è che per aversi operazione «commerciale» è necessario che la vendita sia stata preceduta da un acquisto preordinato ad essa, allo scopo di realizzare un profitto (è il cosiddetto intento speculativo, o fine di lucro).

Nell’attività “amatoriale”, al contrario, manca questa preordinazione dell’acquisto alla successiva vendita a scopo di profitto. Ad esempio, l’agenzia delle Entrate (risoluzione 5/E/2001) ritiene non commerciale l’operazione di un’associazione che venda all’asta opere d’arte ricevute in donazione, per finanziare i propri scopi istituzionali: si tratta, infatti, di una «semplice dismissione patrimoniale».

Se l’attività resta occasionale, l’imponibile Irpef va nel quadro D del 730, oppure nel quadro RL del modello Redditi. È tassata la differenza tra l’importo incassato nell’anno, e le spese “specificamente” inerenti. Non ogni spesa, quindi, risulta deducibile dal corrispettivo riscosso, ma solo quelle specifiche e sempreché siano adeguatamente documentate: ad esempio, oltre al costo di acquisto del bene, si potranno dedurre le commissioni applicate dalla piattaforma o dal sistema di pagamento; le spese di spedizione, se non rimborsate dall’acquirente.

Non sono invece deducibili le spese per beni e servizi che, pur se utilizzati per la vendita, non sono riferibili in via esclusiva all’attività commerciale, come ad esempio l’acquisto del Pc o tablet, l’abbonamento internet, i costi per archiviazione in cloud, e così via.

Il passaggio dalle operazioni commerciali occasionali all’attività imprenditoriale (con relativi obblighi) ha confini incerti: non sempre è facile dire con certezza il momento in cui si sconfina nell’attività «abituale professionalmente organizzata».

Un indice molto significativo è sicuramente la presenza di elementi strutturati, come: un sito proprio o una bacheca/negozio virtuale dedicati; l’acquisto di server; collaboratori; una rete di promotori/influencer che pubblicizzano i servizi; l’iscrizione a GoogleAds o servizi simili.

Ma chi lavora esclusivamente con il suo telefonino, tablet o Pc di casa, può diventare “imprenditore” tenuto ad aprire partita Iva? Si torna a questioni dibattute nei manuali di diritto commerciale degli anni ’60, che si domandavano se fosse imprenditore chi giocava in borsa usando solo il proprio telefono.

L’agenzia delle Entrate, in genere, basa gli accertamenti sul numero elevato di transazioni e sulle dimensioni economiche delle entrate.

Quando l’attività diventa abituale, ad esempio perché si è operativi con continuità tutto l’anno, si consegue un guadagno (vendendo ad un prezzo superiore a quello di acquisto), e l’importo complessivo non è trascurabile (indicativamente, sopra 5.000 euro di incasso), cresce sensibilmente la probabilità che il Fisco contesti la natura imprenditoriale anche a fini Iva .

Di recente la Cassazione (ordinanza 26987/2019) ha riconosciuto agli uffici (dell’Agenzia o della Guardia di Finanza) la facoltà avvalersi degli elenchi forniti dalle piattaforme online per fondare le proprie contestazioni, accertando i redditi non dichiarati sulla base delle transazioni registrate online. Si tratta di una presunzione semplice, che ammette una teorica (ma assai difficile) prova contraria; in pratica, tuttavia, quando il volume delle vendite cresce è meglio, se si vuole proseguire, prevenire brutte sorprese aprendo spontaneamente la partita Iva.

Dal punto di vista degli adempimenti, dal momento che l’attività di vendita non può più essere definita occasionale, occorre in primo luogo procedere con l’iscrizione, quale piccolo imprenditore, presso la Camera di Commercio competente, in base alla sede dell’attività (che può anche essere un’abitazione privata), con contestuale apertura di partita Iva; contestualmente, qualora lo consenta il Suap competente (ossia quello del Comune in cui ha sede la neonata impresa) o in un secondo momento, occorrerà comunicare l’inizio attività tramite una procedura telematica Scia (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) che deve contenere una serie di informazioni tra cui l’assenza di fallimenti e condanne penali, il settore merceologico, il dominio web e l’eventuale magazzino di stoccaggio della merce ed i riferimenti del sito utilizzato per effettuare le vendite online.

Si potranno anche sfruttare i benefici della legge di Bilancio 2023, che ha innalzato da 65.000 a 85.000 euro la soglia di ricavi per beneficiare della cosiddetta flat-tax del 15% (ridotta al 5%, per i primi 5 anni).

Grande attenzione, nel momento in cui si valutano i profili di convenienza economica, va posta rispetto gli obblighi previdenziali: trattandosi infatti di attività commerciale svolta abitualmente, sono dovuti i contributi Inps alla gestione Ivs commercianti, i quali prevedono una quota minima, a prescindere dal reddito prodotto (i cosiddetti contributi sul minimale).