La cessione di asset intangibili (software, brevetti, marchi) prodotti internamente può dar luogo a due diverse modalità di tassazione: ordinaria o agevolata, quest’ultima nel caso in cui si sia optato per l’agevolazione patent box.

Tassazione ordinaria (rateizzata)
Nel primo caso (tassazione ordinaria) se il bene ceduto risulta funzionalmente strumentale all’attività, l’eventuale plusvalore costituirà una plusvalenza, eventualmente rateizzabile ex articolo 86 del Tuir;
se invece il bene è stato prodotto per la successiva rivendita o costituisce l’oggetto dell’attività economica, il corrispettivo ottenuto confluirà fra i ricavi, in applicazione della medesima norma del Testo unico.
Ma qual’è il valore rilevante ai fini fiscali per il calcolo dell’eventuale plusvalenza? Innanzitutto occorre ricordare che secondo una vecchia risoluzione delle Finanze del 10 agosto 1991 (protocollo 9/611) è possibile avvalersi della tassazione rateizzata anche in presenza di un bene immateriale che non sia mai stato contabilizzato o transitato dalla contabilità aziendale. E’ infatti sufficiente che il bene immateriale pur non iscritto in contabilità sia giuridicamente tutelato, determinando così una sorta di iscrizione virtuale dell’intangibile fra gli asset immobilizzabili del possessore. Relativamente alla determinazione del costo fiscale dell’intangibile da raffrontare con il corrispettivo pattuito per la cessione del medesimo bene immateriale, diviene fondamentale individuare l’esercizio dal quale far decorrere l’ammortamento fiscale.
A questo proposito l’Oic 24 dispone che l’ammortamento debba iniziare dal momento in cui l’intangibile sia disponibile e contestualmente pronto per l’uso. Questo tra l’altro significa che la capitalizzazione dei costi di sviluppo avrà luogo fino al momento in cui: in caso di realizzazione interna in economia, il progetto sarà completato; in caso di acquisto, quando l’impresa ne avrà acquisito la titolarità del diritto. A conferma di ciò, nella circolare n. 1 del 2008 della Guardia di finanza si indica come timing per il decorso dell’ammortamento «la data dell’acquisto del diritto, indipendentemente dall’utilizzazione».
Infine, rispetto al valore iniziale del bene immateriale, nessun problema sull’acquisto da terzi dell’intangibile, mentre qualche dubbio si pone sui beni costruiti in economia. Le difficoltà appaiono maggiori per effetto delle modifiche apportate alle modalità di rilevazione e contabilizzazione delle spese di ricerca, che dal 2016 non sono più capitalizzabili. Il legislatore afferma che la valutazione dei beni immateriali ottenuti anche tramite le spese di studio e di ricerca sostenute dall’azienda, deve avvenire logicamente non tenendo conto di quanto già spesato a conto economico.
Resta da precisare – e si rende opportuno un intervento chiarificatore – da quale momento l’azienda debba capitalizzare i costi per addivenire ad uno dei beni contemplati nel richiamato articolo 103 del Tuir. Per l’individuazione del passaggio fra le singoli voci di spesa alla voce «Immobilizzazioni immateriali in corso e/o di sviluppo» e successivamente ai singoli beni immateriali una volta completata la loro realizzazione, è possibile ricorrere all’Oic 24, in base al quale i costi sono capitalizzabili dal momento in cui inizia un progetto e diventa «ragionevolmente certo l’ottenimento della piena titolarità del diritto».

La tassazione agevolata da “patent box”
Nel caso di adesione al regime “patent box” è possibile esentare da tassazione le plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni immateriali individuati dalla normativa (principalmente software protetti da copyright;
brevetti industriali; invenzioni biotecnologiche; brevetti; marchi d’impresa; disegni e modelli giuridicamente tutelabili; processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili).
L’agevolazione si applica sia alle plusvalenze realizzate nell’ambito di cessioni di beni immateriali a parti correlate (nazionali o estere), sia a quelle realizzate a seguito di cessione di beni immateriali a terze parti indipendenti.
L’agevolazione è subordinata alla circostanza che almeno il 90 per cento del corrispettivo derivante dalla cessione di tali beni sia reinvestito, prima della chiusura del secondo periodo di imposta successivo a quello nel quale si è verificata la cessione, nella manutenzione o nello sviluppo di altri beni immateriali della stessa natura. Tale requisito – espresso dall’articolo 1, comma 40, della legge n. 190/2014 – è stato meglio specificato dal Dm 30 luglio 2015, il cui articolo 10 prescrive che non solo il reinvestimento debba essere effettuato in attività di ricerca e sviluppo finalizzate allo sviluppo, mantenimento e accrescimento di altri beni immateriali della stessa tipologia, ma altresì che dette attività siano effettuate: direttamente dai soggetti beneficiari mediante contratti di ricerca da università o enti di ricerca e organismi equiparati; mediante contratti di ricerca da società, anche start up innovative, diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa; mediante contratti di ricerca da società, anche startup innovative, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa.