Una domanda frequente che mi viene rivolta riguarda l’inqudramento ai fini fiscali del redditi prodotti da youtubers che monetizzano la loro attività sul web al di fuori delle entrate pubblicitarie garantite dal sito Youtube (Google Adsense) e quindi attraverso l’intervento di piattaforme terze).
Nella categoria youtuber si trovano svariate tipologie: può trattarsi di cantanti, musicisti o interpreti, attori o performers di vario tipo, recensori di prodotti, autori di video comici, interviste, parodie o inchieste giornalistiche, ecc…
La domanda principale che viene posta è se sia necessario o meno aprire una partita Iva per gestire tale attività.
La risposta purtroppo non è univoca e dipende da vari fattori tra cui il grado di abitualità e di organizzazione e, non da ultimo, l’ammontare dei guadagni conseguiti.
In generale, in presenza di un’attività con frequenza costante, di un grado di organizzazione seppur minimo (attrezzature di base, microfoni, allestimenti vari, ecc..) e di importi di un certo rilievo l’attività ricade sicuramente nell’ambito Iva ed è pertanto necessario aprire una posizione Iva.
Relativamente agli importi è bene tenere presente che, analogamente ad altre attività, non esiste una soglia di riferimento fissa. Il limite di 5.000, al di sotto del quale una attività può considerarsi occasionale, riguarda solo le prestazioni di servizi. Per attività di altro tipo occorre guardare a tutti e 3 i parametri contemporaneamente (abitualità, organizzazione, importi conseguiti).
Una volta aperta la partita Iva è possibile optare per il regime forfettario se si rispetta il limite di ricavi annui entro i 65.000 Euro oppure per il regime normale di contabilità semplificata se non si possiedono i requisiti per il regime forfettario. In questo secondo caso la tassazione avverrà secondo le aliquote progressive Irpef.
Per quanto riguarda l’inquadramento generale il tipo di attività svolta dallo youtuber che ottiene entrate al di fuori di Google Adsense potrebbe rientrare tra le opere delle ingegno se connotata da una spiccata componente performativa (esibizioni canore, letterarie o artistiche in genere).
In uno dei contratti sottoscritti da uno youtuber con una piattaforma di distribuzione video si legge ad esempio:
Con la presente, il partner garantisce a XXXXXXXXX, per tutta la durata del presente contratto, il diritto esclusivo, mondiale, trasferibile e sub-licenziabile:
(i) A commercializzare, distribuire e utilizzare le presenze online oggetto del presente contratto su tutte le piattaforme, vale a dire, ove possibile, sull’intera rete internet.
(ii) A impiegare, con ogni modalità d’uso, i contenuti delle presenze online oggetto del presente contratto anche a fini di autopromozione, in particolare a utilizzarli, riprodurli e renderli illimitatamente accessibili a terzi, quale che sia il mezzo impiegato (per tale si intende anche il download), nonché a diffonderli, distribuirli renderli pubblici, inviarli, modificarli (per tali si intendono anche abbreviazioni e collegamenti con altre creazioni) e,
in egual modo, a utilizzare e commercializzare le opere risultanti.
Ne deriva che in questo particolare caso il relativo reddito potrebbe essere inquadrabile nell’ambito del diritto d’autore. Pertanto un codice ATECO adatto a questo tipo di attività potrebbe essere 90.03.09
Sono un libero professionista che svolge l’attività di artista (codice Ateco 90.03.09). E’ possibile vendere le mie opere online?
Risulta necessario appoggiarsi a piattaforme e–commerce oppure è possibile pubblicare un
e–shop sul sito web personale?
Grazie
Buongiorno, un artista può vendere liberamente le proprie opere online senza dover effettuare alcun preventivo adempimento di carattere amministrativo. Infatti è obbligato a presentare al Suap (sportello unico per le attività produttive) una Scia (segnalazione certificata inizio attività) per il commercio online solo chi è commerciante al dettaglio, ovvero chi acquista prodotti per la rivendita ai consumatori finali. Allo stesso modo, la scelta di avvalersi di una piattaforma e–commerce che offre servizi per la compravendita (i cosiddetti marketplace), oppure gestire in completa autonomia un proprio e–shop, è libera ed è dettata – in ultima analisi – da fattori quali la visibilità offerta alle proprie opere e la facilità nel processo di acquisto che possono tradursi in potenziali vendite.