Negli ultimi mesi, il panorama finanziario italiano ha visto un’importante innovazione con l’emissione di un digital bond da parte di una grande società. Questo strumento, un’obbligazione emessa tramite tecnologia a registro distribuito (DLT), rappresenta il primo esempio di applicazione di security token in Italia, aprendo la strada a nuove possibilità di investimento e circolazione di strumenti finanziari. L’emissione di obbligazioni digitali ha fatto seguito a un lungo processo di ricerca e sperimentazione riguardante gli aspetti legali, regolamentari e fiscali, che ha culminato con l’introduzione del Decreto Fintech (D.L. n. 25/2023), in grado di disciplinare l’emissione di strumenti finanziari digitali in Italia.
L’evoluzione normativa e il Decreto Fintech
Il Decreto Fintech ha introdotto nuove disposizioni che regolano l’emissione di obbligazioni e altri strumenti finanziari in forma digitale, risolvendo molte delle incertezze legali e regolamentari che ostacolavano lo sviluppo di questi strumenti. L’integrazione della blockchain e delle altre tecnologie DLT consente la creazione di strumenti finanziari che, pur non essendo fisici, possiedono caratteristiche tipiche degli strumenti tradizionali, come la trasparenza e l’inalterabilità dei dati. In particolare, il Decreto ha dato attuazione al Regolamento UE 2022/858 sul DLT, rimuovendo le principali barriere per l’emissione e la circolazione di obbligazioni in formato digitale.
Tuttavia, nonostante questi progressi sul piano normativo, persiste un’incertezza riguardo al trattamento fiscale di tali strumenti. Mentre il Decreto Fintech ha chiarito le modalità di emissione e circolazione, la disciplina fiscale degli strumenti finanziari digitali rimane una questione aperta, non regolata in modo specifico.
Il Trattamento Fiscale degli Strumenti Finanziari Digitali
In linea con il principio di neutralità tecnologica, la normativa fiscale italiana tende a trattare in modo simile gli strumenti finanziari, indipendentemente dalla loro forma fisica o digitale. Pertanto, si potrebbe ritenere che i digital bonds emessi come security token possano essere trattati fiscalmente allo stesso modo delle obbligazioni tradizionali, in quanto entrambi rientrano nella categoria delle “obbligazioni e titoli similari”.
Secondo il T.U.F. (Testo Unico della Finanza), le obbligazioni sono definite come titoli che obbligano l’emittente a pagare una somma determinata alla scadenza, senza concedere diritti di partecipazione o di controllo sulla gestione dell’impresa. Le caratteristiche dei digital bonds, come l’autonomia e la letteralità dei diritti associati al security token, fanno sì che questi strumenti possano essere considerati alla stregua di obbligazioni tradizionali, con le stesse implicazioni fiscali.
Tuttavia, non tutti gli strumenti finanziari digitali sono necessariamente trattati come le obbligazioni tradizionali. L’effettiva applicabilità delle norme fiscali dipende dal rispetto di determinati requisiti, tra cui la possibilità di individuare una chiara titolarità e circolazione degli strumenti attraverso un registro che ne garantisca l’autenticità e l’integrità, caratteristiche proprie della tecnologia DLT.
Le Criticità del Regime Fiscale Vigente
Nonostante la possibilità di trattare i digital bonds come obbligazioni tradizionali, l’attuale regime fiscale italiano, disciplinato dal D.Lgs. n. 239/1996, presenta significative criticità quando applicato agli strumenti finanziari emessi in formato digitale. Il regime fiscale del 239/1996 prevede due principali categorie di investitori: i nettisti, che sono soggetti all’imposta sostitutiva del 26% sugli interessi e altri proventi, e i lordisti, che possono essere esenti da tale imposta se i titoli sono depositati presso intermediari autorizzati.
Il principale ostacolo per i digital bonds è la disintermediazione che caratterizza la loro circolazione. La DLT permette che i titoli siano detenuti e trasferiti senza la necessità di intermediari finanziari tradizionali, come banche o società di intermediazione mobiliare. Ciò rende difficile applicare il regime fiscale previsto per gli strumenti tradizionali, che presuppone la presenza di intermediari che gestiscono il processo di pagamento degli interessi e dei proventi.
Inoltre, il D.Lgs. n. 239/1996 stabilisce che l’esenzione fiscale per i non residenti dipenda dal deposito dei titoli presso intermediari autorizzati, ma nei digital bonds emessi tramite DLT tale deposito non avviene in modo tradizionale. Di conseguenza, il trattamento fiscale potrebbe non essere applicabile o richiedere un’interpretazione forzata delle disposizioni esistenti.
La Necessità di un Intervento Normativo
La disintermediazione e la modalità on-chain di gestione degli strumenti digitali pongono un serio problema di compatibilità con il regime fiscale attuale, che potrebbe non essere sufficientemente flessibile per affrontare l’evoluzione tecnologica del settore. Sebbene si possa cercare di assimilare la scritturazione digitale nel registro DLT al tradizionale deposito di titoli, tale approccio potrebbe non risolvere pienamente le problematiche legate all’applicazione del regime fiscale.
L’interpretazione estensiva delle normative vigenti potrebbe rappresentare una soluzione temporanea, ma non è una risposta definitiva. Il funzionamento dei mercati finanziari non tollera incertezze normative, soprattutto in un ambito tanto delicato come la tassazione degli strumenti finanziari. Per questo motivo, sarebbe auspicabile un intervento normativo chiaro e specifico, che regoli in modo preciso e adeguato il trattamento fiscale dei digital bonds.
Conclusioni
Nonostante i progressi normativi rappresentati dal Decreto Fintech, il trattamento fiscale dei digital bonds rimane un tema problematico in Italia. La natura disintermediata e digitale di questi strumenti rende difficile l’applicazione del regime fiscale previsto dal D.Lgs. n. 239/1996, che richiede la presenza di intermediari e il deposito presso soggetti autorizzati. Sebbene il principio di neutralità tecnologica possa suggerire una trattazione simile tra obbligazioni tradizionali e digitali, la mancanza di un chiarimento normativo potrebbe ostacolare lo sviluppo del mercato dei digital bonds.
In questo contesto, un intervento normativo che definisca esplicitamente il trattamento fiscale degli strumenti finanziari digitali rappresenta una priorità per garantire la certezza e la competitività del sistema finanziario italiano. Senza una risoluzione chiara, il potenziale di innovazione offerto dalla tecnologia DLT rischia di essere limitato da incertezze fiscali che potrebbero penalizzare l’adozione di questi strumenti da parte delle imprese e degli investitori.