Nelle start-up innovative, così come in tutte le società di capitali, le decisioni assembleari spettano ai soci. Il concorso dei soci si esprime per mezzo dell’esercizio del voto, che potrà essere favorevole o contrario all’approvazione della proposta, ovvero anche astenuto.
L’esercizio del voto è assolutamente libero e libero il suo orientamento, alla cui formazione tuttavia potrà anche influire la discussione che è stata fatta nel corso dell’assemblea mediante gli interventi dei soci convenuti e mediante le dichiarazioni ed illustrazioni, che i proponenti della deliberazione hanno eventualmente fatto.
Potrà anche accadere che, nel corso dello scambio di opinioni in attesa dell’espressione del voto, alcuni soci si accordino sul voto da esprimere senza che al riguardo assumano un impegno.
Qualora invece l’accordo sul voto assuma la veste di un impegno ci si trova in presenza di un patto parasociale. Questi patti sono negozi plurilaterali simili ai contratti, con i quali viene convenuta una comune condotta nell’espressione del voto in assemblea, e pertanto soggetti alla disciplina che il codice civile detta per il contratto.
L’art. 2341 bis c.c. stabilisce che i patti devono avere per oggetto l’esercizio del diritto di voto, il quale pertanto perde la sua caratteristica di assoluta libertà per soggiacere al vincolo negoziale assunto dal suo titolare.
Il loro scopo inoltre deve essere quello della stabilizzazione degli assetti proprietari delle quote societarie o il governo della società nel senso che, come capita spesso nelle start-up, i contraenti si impegnano a mantenere la proprietà delle loro quote per una significativa durata temporale in armonia con l’intento di realizzare il programma societario, che vogliono realizzare.
Ma casa accade in caso di violazione dell’accordo parasociale?
Normalmente l’esercizio del diritto di voto potrà essere, in osservanza del patto, positivo o negativo, secondo la valutazione che i contraenti del patto parasociale ne avranno fatto.
Questa valutazione dovrà riguardare la deliberazione, che l’assemblea dovrà assumere sulla proposta ricevuta, e non sempre potrà essere fatta nel corso dell’assemblea, secondo la complessità dell’operazione in esame; pertanto, sarà opportuno che nel patto sia prevista una riunione, anteriore all’assemblea, dei soci contraenti, ad iniziativa di uno di essi, per dibattere tranquillamente ed approfonditamente la qualità del voto che dovranno esprimere.
Se il dibattito non pervenisse ad un risultato comune, positivo o negativo,i contraenti dovrebbero astenersi dal voto, posizione questa armonica con l’esito del predetto dibattito.
Tuttavia, se uno di essi votasse in contrasto con la posizione manifestata dall’altro contraente, si porrebbe per quest’ultimo il potere di chiedere la risoluzione del patto per inadempimento del votante.
In applicazione dell’art. 1453, comma 1, c.c., relativo alla disciplina del contratto in generale, alla domanda di risoluzione potrebbe unirsi anche quella del risarcimento del danno, della cui natura e quantità dovrebbe fornire la prova.
Questa sarà difficile perché riguarderà la natura dell’operazione deliberata e il riflesso che la sua esecuzione potrà avere sul patrimonio della società e,
quindi, sul patrimonio del socio.
Questa possibile difficoltà dovrebbe essere preventivamente immaginata e dovrebbe consigliare i contraenti del patto di includervi una clausola penale, con la quale venga stabilito il pagamento di una determinata somma di denaro da parte dell’inadempiente a favore dell’altro contraente, a norma dell’art. 1382 c.c. .