da Marco Vergani | Feb 8, 2025 | Crypto, Taxation in Italy
The 2025 Budget Law (Law No. 207/2024) introduces several significant changes to the taxation of crypto assets in Italy.
1. Confirmation of the 26% Substitute Tax
Article 1, paragraph 23, explicitly states that capital gains and other income related to crypto assets are subject to a 26% substitute tax, aligning them with other financial instruments. While this provision appears to clarify the applicable tax rate, some experts believe it may also have retroactive implications, affecting past transactions and gains.
2. Increase in the Tax Rate to 33% (from 2026)
Starting January 1, 2026, the substitute tax rate on crypto-related gains will increase to 33%. This applies to all taxable crypto transactions, including sales, swaps, and holdings. The increase will also affect taxpayers who opt for the administered or managed savings regime, making crypto investments subject to higher tax burdens. Some observers view this as a reflection of the government’s stricter stance on cryptocurrencies.
3. Removal of the €2,000 Tax Exemption
Previously, crypto capital gains below €2,000 per tax year were exempt from taxation. The new law eliminates this threshold, meaning all crypto-related gains, regardless of their amount, must now be declared and taxed. This change is expected to particularly affect small investors, including younger individuals who often engage in minor crypto transactions.
4. Elimination of the €2,000 Deduction Limit for Loss Carryforward
Under the previous system, crypto-related losses exceeding €2,000 could be carried forward to offset future gains. The new law removes this limit, allowing taxpayers to deduct all their crypto losses from future gains, provided they report them in their tax return for the relevant period.
5. Reintroduction of Tax Step-Up for Crypto Assets
The law also reintroduces an optional tax step-up (affrancamento), allowing investors to adjust the fiscal value of their crypto holdings as of January 1, 2025, by paying a substitute tax of 18%. This is similar to the 2023 step-up scheme, but with a higher tax rate (previously 14%). Investors choosing this option must pay the tax by November 30, 2025, either in a single installment or in three annual payments with 3% interest on the deferred amounts.
Conclusion
The new tax measures significantly tighten the fiscal framework for crypto assets, increasing tax rates, removing exemptions, and requiring more comprehensive reporting. While these changes aim to enhance tax compliance and government revenues, they could also impact Italy’s crypto market by discouraging smaller investors and increasing regulatory burdens.
da Marco Vergani | Gen 12, 2025 | Crypto
Negli ultimi mesi, il panorama finanziario italiano ha visto un’importante innovazione con l’emissione di un digital bond da parte di una grande società. Questo strumento, un’obbligazione emessa tramite tecnologia a registro distribuito (DLT), rappresenta il primo esempio di applicazione di security token in Italia, aprendo la strada a nuove possibilità di investimento e circolazione di strumenti finanziari. L’emissione di obbligazioni digitali ha fatto seguito a un lungo processo di ricerca e sperimentazione riguardante gli aspetti legali, regolamentari e fiscali, che ha culminato con l’introduzione del Decreto Fintech (D.L. n. 25/2023), in grado di disciplinare l’emissione di strumenti finanziari digitali in Italia.
L’evoluzione normativa e il Decreto Fintech
Il Decreto Fintech ha introdotto nuove disposizioni che regolano l’emissione di obbligazioni e altri strumenti finanziari in forma digitale, risolvendo molte delle incertezze legali e regolamentari che ostacolavano lo sviluppo di questi strumenti. L’integrazione della blockchain e delle altre tecnologie DLT consente la creazione di strumenti finanziari che, pur non essendo fisici, possiedono caratteristiche tipiche degli strumenti tradizionali, come la trasparenza e l’inalterabilità dei dati. In particolare, il Decreto ha dato attuazione al Regolamento UE 2022/858 sul DLT, rimuovendo le principali barriere per l’emissione e la circolazione di obbligazioni in formato digitale.
Tuttavia, nonostante questi progressi sul piano normativo, persiste un’incertezza riguardo al trattamento fiscale di tali strumenti. Mentre il Decreto Fintech ha chiarito le modalità di emissione e circolazione, la disciplina fiscale degli strumenti finanziari digitali rimane una questione aperta, non regolata in modo specifico.
Il Trattamento Fiscale degli Strumenti Finanziari Digitali
In linea con il principio di neutralità tecnologica, la normativa fiscale italiana tende a trattare in modo simile gli strumenti finanziari, indipendentemente dalla loro forma fisica o digitale. Pertanto, si potrebbe ritenere che i digital bonds emessi come security token possano essere trattati fiscalmente allo stesso modo delle obbligazioni tradizionali, in quanto entrambi rientrano nella categoria delle “obbligazioni e titoli similari”.
Secondo il T.U.F. (Testo Unico della Finanza), le obbligazioni sono definite come titoli che obbligano l’emittente a pagare una somma determinata alla scadenza, senza concedere diritti di partecipazione o di controllo sulla gestione dell’impresa. Le caratteristiche dei digital bonds, come l’autonomia e la letteralità dei diritti associati al security token, fanno sì che questi strumenti possano essere considerati alla stregua di obbligazioni tradizionali, con le stesse implicazioni fiscali.
Tuttavia, non tutti gli strumenti finanziari digitali sono necessariamente trattati come le obbligazioni tradizionali. L’effettiva applicabilità delle norme fiscali dipende dal rispetto di determinati requisiti, tra cui la possibilità di individuare una chiara titolarità e circolazione degli strumenti attraverso un registro che ne garantisca l’autenticità e l’integrità, caratteristiche proprie della tecnologia DLT.
Le Criticità del Regime Fiscale Vigente
Nonostante la possibilità di trattare i digital bonds come obbligazioni tradizionali, l’attuale regime fiscale italiano, disciplinato dal D.Lgs. n. 239/1996, presenta significative criticità quando applicato agli strumenti finanziari emessi in formato digitale. Il regime fiscale del 239/1996 prevede due principali categorie di investitori: i nettisti, che sono soggetti all’imposta sostitutiva del 26% sugli interessi e altri proventi, e i lordisti, che possono essere esenti da tale imposta se i titoli sono depositati presso intermediari autorizzati.
Il principale ostacolo per i digital bonds è la disintermediazione che caratterizza la loro circolazione. La DLT permette che i titoli siano detenuti e trasferiti senza la necessità di intermediari finanziari tradizionali, come banche o società di intermediazione mobiliare. Ciò rende difficile applicare il regime fiscale previsto per gli strumenti tradizionali, che presuppone la presenza di intermediari che gestiscono il processo di pagamento degli interessi e dei proventi.
Inoltre, il D.Lgs. n. 239/1996 stabilisce che l’esenzione fiscale per i non residenti dipenda dal deposito dei titoli presso intermediari autorizzati, ma nei digital bonds emessi tramite DLT tale deposito non avviene in modo tradizionale. Di conseguenza, il trattamento fiscale potrebbe non essere applicabile o richiedere un’interpretazione forzata delle disposizioni esistenti.
La Necessità di un Intervento Normativo
La disintermediazione e la modalità on-chain di gestione degli strumenti digitali pongono un serio problema di compatibilità con il regime fiscale attuale, che potrebbe non essere sufficientemente flessibile per affrontare l’evoluzione tecnologica del settore. Sebbene si possa cercare di assimilare la scritturazione digitale nel registro DLT al tradizionale deposito di titoli, tale approccio potrebbe non risolvere pienamente le problematiche legate all’applicazione del regime fiscale.
L’interpretazione estensiva delle normative vigenti potrebbe rappresentare una soluzione temporanea, ma non è una risposta definitiva. Il funzionamento dei mercati finanziari non tollera incertezze normative, soprattutto in un ambito tanto delicato come la tassazione degli strumenti finanziari. Per questo motivo, sarebbe auspicabile un intervento normativo chiaro e specifico, che regoli in modo preciso e adeguato il trattamento fiscale dei digital bonds.
Conclusioni
Nonostante i progressi normativi rappresentati dal Decreto Fintech, il trattamento fiscale dei digital bonds rimane un tema problematico in Italia. La natura disintermediata e digitale di questi strumenti rende difficile l’applicazione del regime fiscale previsto dal D.Lgs. n. 239/1996, che richiede la presenza di intermediari e il deposito presso soggetti autorizzati. Sebbene il principio di neutralità tecnologica possa suggerire una trattazione simile tra obbligazioni tradizionali e digitali, la mancanza di un chiarimento normativo potrebbe ostacolare lo sviluppo del mercato dei digital bonds.
In questo contesto, un intervento normativo che definisca esplicitamente il trattamento fiscale degli strumenti finanziari digitali rappresenta una priorità per garantire la certezza e la competitività del sistema finanziario italiano. Senza una risoluzione chiara, il potenziale di innovazione offerto dalla tecnologia DLT rischia di essere limitato da incertezze fiscali che potrebbero penalizzare l’adozione di questi strumenti da parte delle imprese e degli investitori.
da Marco Vergani | Set 21, 2021 | Crypto
L’attività di raccolta fondi per progetti startup in ambito blockchain si è arricchita negli ultimi tempi di una nuova modalità, le IDO Launchpad, che si sta diffondendo rapidamente su piattaforme diverse ma con tratti comuni. Grazie alle performance che i nuovi progetti realizzano una volta quotati (si sono viste crescite a doppia o tripla cifra) il fenomeno delle Launchpad si sta allargando esponenzialmente attirando l’attenzione di potenziali investitori in cerca di opportunità di speculazione.
Da un punto di vista operativo l’investimento in IDO si compone delle seguenti fasi:
- acquisto di crypto valute attraverso un conto gestito da un intermediario (ad es. Binance)
- utilizzo delle cryptovalute acquistate per partecipare alle IDO finanziando progetti di startup disponibili sulle varie piattaforme specializzate
- da notare che l’investimento deve essere effettuato in una particolare valuta (tipo PAID o BNB) quindi il processo di investimento può richiedere diverse operazioni di conversione da una criptovaluta ad un’altra
- una volta perfezionato l’investimento e avuta la disponibilità dei token relativi al progetto (spesso è previsto un periodo di “vesting” più o meno lungo) è possibile scambiare gli stessi sul mercato secondario avvalendosi anche qui di piattaforme specializzate e realizzando possibili plusvalenze
- plusvalenze che vengono pooi “monetizzate” attraverso una successiva conversione delle crypto in euro o altra valuta
Da un punto di vista fiscale un processo di questo tipo coinvolgono principalmente due aspetti:
- l’applicabilità degli obblighi imposti dalla normativa sul monitoraggio fiscale dei capitali;
- gli obblighi connessi all’imposizione delle plusvalenze realizzate tramite negoziazione o prelievo delle valute digitali
Per quanto riguarda il primo punto l’Agenzia delle Entrate (interpello Dre Lombardia 956-39/2018) ha chiarito che anche gli investimenti in criptovalute devono essere indicati nel quadro RW del Modello Unico utilizzando il controvalore in Euro della valuta virtuale detenuta al 31 dicembre fornito dalla piattaforma attraverso la quale è avvenuta la transazione. Si ricorda che sulle valute virtuali l’IVAFE non è comunque dovuta.
Sul secondo punto l’Agenzia delle Entrate ritiene che debbano applicarsi “i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali” contenute nell’articolo 67 Tuir, in base al quale le plusvalenze valutarie appartengono alla categoria dei redditi diversi e tassate, per le persone fisiche, con imposta sostitutiva al 26%. Tuttavia è bene ricordare che le plusvalenze derivanti dalle cessioni a pronti (che qui interessano) sono imponibili soltanto qualora la valuta scambiata provenga da portafogli elettronici la cui giacenza media, espressa in euro, superi un controvalore di 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta (articolo 67, comma 1-ter, Tuir). Pertanto la tassazione si applicherà solo al superamento di tale soglia ( l’Agenzia ha anche chiarito che il valore della giacenza rilevante ai fini della verifica del superamento della soglia, va determinato secondo il tasso di riferimento all’inizio del periodo di imposta in cui si verifica il presupposto della tassazione e considerando, quale prezzo giornaliero, il rapporto di cambio rilevato sul sito dove si acquista la valuta virtuale, o in mancanza, quello rilevato sul sito dove si effettua la maggior parte delle operazioni).
Infine è lecito domandarsi se la plusvalenza che viene tassata nelle operazioni di compravendita venga calcolata unicamente da crypto a euro o anche da crypto a crypto. Sul punto l’Agenzia delle Entrate non ha mai offerto chiarimenti ufficiali tuttavia in un passaggio della citata risposta all’interpello da parte della Dre Lombardia viene testualmente riportato che “Ai fini della eventuale tassazione del reddito diverso occorre, dunque, verificare se la conversione di bitcoin con altra valuta virtuale (oppure da valute virtuali in euro) avviene per effetto di una cessione a termine oppure se la giacenza media del wallet abbia superato il controvalore in euro di 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta”. Ciò lascia dunque intuire la necessità di tassare le plusvalenze maturate, al ricorrere degli altri presupposti di legge, anche nel caso di conversione da criptovaluta ad un’altra criptovaluta.