Da parte di molti clienti, attivi nell’ambito del commercio elettronico indiretto, viene segnalata la difficoltà di reperire i codici fiscali dei clienti privati italiani nei confronti dei quali venga emessa fattura a fronte di acquisti avvenuti attraverso il passaggio a siti di operatori quali E-bay od Amazon. In questi casi il flusso delle operazioni prevede, in modo molto sintetico, i seguenti passaggi:
1) il merchant pubblica il proprio catalogo di prodotti sul sito vetrina di Amazon marketplace (ad esempio);
2) il cliente finale che decide di acquistare un prodotto effettua il pagamento direttamente ad Amazon la quale trasmette l’ordine al merchant unitamente ai dati del cliente (nome, indirizzo, ecc..) necessari al fine di effettuare la spedizione della merce ordinata;
3) periodicamente Amazon gira le somme incassate al mercahant trattenendo le proprie commissioni che saranno oggetto di separata fatturazione ad opera della filiale lussemburghese della società americana .
Il problema evidenziato risiede nel fatto che, al momento della raccolta dell’ordine, Amazon non richiede al cliente tra i dati obbligatori il codice fiscale. Il merchant si vede così costretto a rincorrere il cliente finale che ha già perfezionato l’acquisto per richiedere tale dato necessario ai fini della corretta trasmissione all’Agenzia delle Entrate dell’elenco riepilogativo delle operazioni rilevanti ai fini IVa (c.d. spesometro).
Oltre ad aver più volte informato la stessa Amazon dell’esistenza del problema vediamo quali possono essere le possibili soluzioni. Una prima ipotesi potrebbe essere quella di registrare gli incassi dai clienti privati nel registro dei corrispettivi in luogo dell’emissione della fattura che diventa obbligatoria solo se espressamente richiesta dal cliente. Si ricorda infatti che il commercio elettronico indiretto è assimilato, anche ai fini della disciplina Iva, al commercio per corrispondenza. Per tali fattispecie non è obbligatoria l’emissione della fattura, a meno che non sia richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione, come disposto dall’art. 22, comma 1, n. 1) del D.P.R. 633/1972.
Come seconda alternativa si potrebbe valutare la possibilità di usufruire dell’esonero dalla comunicazionde per i dati relativi ad operazioni nelle quali il pagamento è avventuto mediante carte di credito, di debito o prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605. Un elenco di tali operatori è contenuto nell’allegato al provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 22 dicembre 2005). Ovviamente tale soluzione implica la conoscenza della modalità di pagamento scelta dal cliente al momento dell’ordine informazione che, come sembra di capire, la stessa Amazon ha deciso di non condividere con i merchant.
Buongiorno Marco, ottimo articolo, ho un approfondimento da proporle:
Ponendo che si opti per la registrazione dei corrispettivi degli ordini ricevuti su amazon, il fatto che l’azienda non incassi immediatamente (amazon prende in carico il pagamento e effettua un bonifico decurtato delle proprie commissioni ogni 14 giorni) e che di fatto l’incasso reale sia diverso da quello dichiarato nelle vendite (per via della commissione di cui sopra) richiede un trattamento diverso o rimane comunque il procedimento standard registrare giornalmente gli ordini per il loro totale “lordo”?
Buongiorno,
secondo il DPR 633/72 l’annotazione delle vendite sul registro dei corrispettivi va effettuata entro il giorno non festivo successivo alla consegna/spedizione o, se anteriore, all’incasso totale o parziale del corrispettivo. Quindi in questo caso la registrazione va effettuata con riferimento al momento della consegna/spedizione al cliente finale e non a quello (successivo) dell’incasso.