Il meccanismo del reverse charge, nato per contrastare le frodi Iva, prevede un particolare tipo di contabilizzazione in base al quale, per determinati tipi di operazione B2B, l’IVA viene posta non a carico dell’impresa cedente (come normalmente avviene) bensì dell’impresa acquirente. I limiti entro cui i singoli Stati Membri possono imporre l’utilizzo di questo tipo di meccanismo sono rigidamente fissati da alcune direttive Europee (Direttiva 2013/42/Ue e 2013/43/Ue).
Nell’ambito dei suddetti limiti lo Stato italiano ha quindi deciso di ampliare, con un decreto legislativo approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri di ieri, l’ambito applicativo del reverse charge istituendo nuove ipotesi che si affiancano a quelle già previste dall’art. 17, comma 6 del DPR 633/72 (decreto IVA).
Nel dettaglio per quanto qui interessa, i provvedimenti più rilevanti sono due:
1) viene limitata l’operatività del reverse charge nell’ambito dei telefoni cellulari eliminando l’obbligo con riferimento ai loro componenti e accessori
2) vengono estese le ipotesi collegate all’informatica. Più in dettaglio il meccanismo del reverse charge si applicherà alle cessioni di console da gioco, tablet, Pc e laptop, nonché alle cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale.
Le nuove ipotesi diverranno operative solo dopo 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto in questione.
Si ricorda infine che, alla luce della direttiva 2013/42/Ue, le ipotesi previste dalle lettere b (telefoni cellulari) dell’articolo 17, comma 6 del Dpr 633/72 saranno efficaci in modo temporaneo e in riferimento solo alle operazioni effettuate fino al 31 dicembre 2018.
NEWS DEL 4/3/2016: il Dlg. 24/2016 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale di ieri. Le nuove ipotesi di reverse charge si rendono dunque operative a partire dal 2 maggio 2016 (sessantesimo giorno dall’entrata in vigore).
Una società con attività di commercio al dettaglio via Internet di ferramenta effettua anche delle operazioni di vendita a soggetti Iva che richiedono la fattura (non commercianti e non utilizzatori in grande, ma artigiani e aziende che usano le merci acquistate non necessariamente nel proprio ciclo produttivo, ma come materiali di consumo: lampadine, cacciaviti, eccetera). Tali vendite ai soggetti Iva stanno diventando prevalenti rispetto alla vendita di ferramenta a privati. È necessario attivare il codice Ateco relativo al commercio all’ingrosso, o si tratta comunque di vendita al dettaglio?
Nel caso in questione, non è necessario attivare un nuovo codice Ateco. Secondo il parere espresso dall’agenzia delle Entrate, le vendite al dettaglio, incluse quelle effettuate via Internet, si caratterizzano «per la destinazione del bene al cessionario–utilizzatore finale, ancorché soggetto passivo» (circolari 59/E/2010 e 21/E/2016). Quindi, sulla base di questa interpretazione, almeno sotto il profilo degli adempimenti fiscali, si può ritenere che il negozio di ferramenta non eserciti commercio all’ingrosso: posto che i clienti non sono commercianti, ma consumatori finali, anche se utilizzano i beni acquistati per la propria attività d’impresa.